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SALEMI: CARCERE A VITA PER VINCENZO CARADONNA. UCCISE L’EX COMPAGNA E NE FECE SPARIRE IL CORPO

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La Corte d’Assise di Trapani, presieduta dal dott. Enzo Agate, alatere dott. Franco Messina, ha condannato all’ergastolo CARADONNA Vincenzo, 48 anni, originario di Salemi, imputato per l’omicidio della compagna STEFANI Angela, avvenuto in Salemi nel gennaio del 2019.
La Corte ha accolto pienamente le richieste avanzate dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, dottoressa Antonella TRAINITO, escludendo che il Caradonna fosse meritevole della concessione di alcuna attenuante, nonché ritenendo che l’imputato fosse capace di intendere e di volere.
Le accurate e tempestive indagini dei Carabinieri della Compagnia di Mazara del Vallo, avviate nel febbraio del 2019, sotto il costante coordinamento e la direzione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, Dott. Vincenzo Pantaleo e del sostituto procuratore, dott.ssa Silvia Facciotti, hanno determinato la Corte di Assise a ritenere che, così come ritenuto dall’ufficio inquirente, Vincenzo Caradonna abbia barbaramente ucciso la sua convivente tra le mura domestiche. Questa la ricostruzione della verità processuale accertata dalla Corte d’Assise che combacia esattamente con la ricostruzione investigativa sostenuta dai Carabinieri e dalla Procura, anche sulla base dell’expertise dei reparti scientifici della Benemerita.
Senza successo i tentativi della difesa di ottenere l’assoluzione del CARADONNA attraverso la consulenza di periti che potessero ribaltare le ipotesi accusatorie.
Infatti, nella fase delle indagini, le analisi dei RIS sulla scena del crimine in relazione agli schizzi derivati dal movimento dell’arma del delitto, avevano stabilito che l’autore dei colpi inferti ad Angela STEFANI non potesse che avere utilizzato la mano sinistra.
A tal proposito, in sede di dibattimento è stato possibile dimostrare sia la piena capacità di intendere e di volere con condizioni psichiche compatibili con il regime carcerario, sia che l’imputato fosse ambidestro e quindi capace di utilizzare entrambe le mani con la stessa abilità. Analogamente vani sono risultati peraltro i tentativi difensivi di ipotizzare una responsabilità a carico dei figli della Stefani e dell’ex compagno, il cui coinvolgimento non è mai emerso in alcuno dei momenti dell’accuratissima indagine svolta.
Il Caradonna è stato altresì condannato per il delitto di soppressione di cadavere del corpo della povera Stefani Angela, contestato dalla Procura della Repubblica per il mancato rinvenimento delle spoglie della donna, malgrado gli sforzi degli inquirenti protrattisi per giorni e notti, senza soluzione di continuità anche avvalendosi dell’ausilio di cani molecolari e dei sommozzatori.
Il mancato rinvenimento del corpo della vittima – circostanza più volte evidenziata della difesa del CARADONNA quale elemento che potesse mettere in dubbio la consumazione dell’omicidio – non ha dunque inficiato il quadro probatorio a carico dell’imputato.
Le vane ricerche della donna hanno seguito un binario parallelo rispetto alle indagini di polizia che hanno evidenziato come il Caradonna, subito dopo l’omicidio della compagna avesse tentato di allontanare i sospetti da sè, anche inquinando la scenda del crimine. L’abitazione infatti è stata oggetto di sopralluogo minuzioso del RIS di Messina che, oltre ad evidenti tracce del delitto, ha rilevato anche una consistente e grossolana attività di ripulitura di altre copiose tracce di sangue.
Si tratta dunque di un risultato di particolare rilievo conseguito grazie al coordinamento incessante dell’Autorità Giudiziaria e ala spiccata diligenza dei militari e di tutte le Istituzioni che ne hanno supportato il lavoro: vigili del fuoco e protezione civile tra le altre.