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Cappella Ospedale Mazara: il Rotary Club assegna a don Antonino Favata un premio. “Questo è segno di grande attenzione alla sua persona per quello che fa nel silenzio…” ha detto Sebastiano Maggio, vicepresidente del RC di Palermo – Montepellegrino e presidente dell’AGE della Regione Sicilia a don Antonino.

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Ieri pomeriggio, nello scenario incantevole di Torretta Granitola, il Rotary Club di Mazara del Vallo insieme al RC di Castelvetrano – Valle del Belice e al RC di Palermo – Montepellegrino ha celebrato la “Giornata della Memoria” nella sede del CNR. Dopo i saluti iniziali, alla presenza del sindaco di Campobello, Giuseppe Castiglione, e del sindaco di Castelvetrano, Enzo Alfano, sono stati ricordati, dai rispettivi figli, l’avv. Giuseppe Pantaleo e Marco Tumbiolo, due rotariani illustri, ovvero l’avv. Gino Pantaleo e Giovanni Tumbiolo, che hanno lasciato un segno nella società.

A seguire, il vicepresidente del RC di Palermo – Montepellegrino e presidente dell’AGE della Regione Sicilia, Sebastiano Maggio, ha chiamato don Antonino Favata e il dott. Goffredo Vaccaro ha consegnato il premio “Concorso Nazionale Tricolore”.

Ecco cosa ha detto don Antonino, prendendo la parola: “Sono stupito, innanzitutto, della telefonata di cui sono stato raggiunto dalla Presidente, Chiara Messina, e dalla dottoressa Di Giovanni.

Sono veramente molto grato al Rotary perché c’è già una collaborazione bella per quanto riguarda la carità. Ogni anno busso alla porta dei rotariani, ma anche del Lyons, per assicurare ai pazienti tutto ciò di cui necessitano in ospedale (pigiami, intimo, ciabatte ecc.). Non tutti quelli che vengono in ospedale hanno tutto: tanta gente manca, veramente, del necessario. Penso, in questo momento, alle tante mamme che vengono senza corredino, ed è per questo che ogni anno il Rotary si mette a disposizione, mi collabora, mi sta vicino, crede in questa opera di carità spicciola e anche nascosta, perché facciamo una manifestazione durante l’anno, poi è il cappellano che incontra queste persone. Grazie veramente di questo legame e di questa collaborazione.

Sono rimasto stupito anche perché mentre c’era la manifestazione ho ricevuto un messaggio da un amico, che peraltro è lontano, e c’era scritto così in questo messaggio: “Quello che diamo non sempre torna, ma quello che diamo è ciò che siamo”. È la verità, perché aldilà dei riconoscimenti noi siamo quello che siamo, e allora il mio servizio in ospedale è il servizio di un prete che sta tra gli ammalati, tra il personale.

Questo riconoscimento, e questa attenzione che è riservata alla mia persona, in effetti io non la prendo alla mia persona, ma dietro la mia persona cito almeno 3 categorie: 

– la Chiesa, che è una presenza in questi luoghi particolare, è una presenza di consolazione, di speranza, di fiducia, di sostegno, è una presenza veramente importante;

– la mia famiglia ospedaliera formata da medici, infermieri, OSS, OSA, impresa di pulizia che ogni giorno assicura il decoro e che tutto sia sistemato, pulito, profumato, ci sono anche i ragazzi del vitto, che si occupano di portare il mangiare agli ammalati. Mi sento rappresentativo di questa comunità e questa attenzione e questo riconoscimento va a loro.

– Non per ultimo, questo riconoscimento va anche a tutte le associazioni di volontariato che prestano un servizio prezioso all’interno dell’ospedale, sospeso in questi anni per la pandemia. I volontari hanno volanti veramente un servizio eccezionale negli HUB vaccinali: parlo dell’AVO, VOM, Clawn, Tribunale dei diritti del malato che insieme abbiamo gestito in questi due anni l’accoglienza di centinaia e di migliaia di persone convenute a fare il vaccino.

Allora GRAZIE perché attraverso questi gesti di attenzione in realtà voi non sapevate di raggiungere un bacino enorme di persone a cui va veramente questo premio e va la dedizione del mio servizio sacerdotale. 

Concludo con un aneddoto, visto che ognuno questa sera ne ha portato, ha richiamato un fatto particolare: quando io iniziai e decisi di andare nel reparto Covid ho trovato tutte le resistenze di questo mondo, perché nessuno voleva che io andassi nel reparto covid. Eppure, grazie alla mia insistenza e grazie anche ai medici che mi dicevano che la mia presenza lì dentro sarebbe stata una presenza necessaria, il muro a poco a poco andava cadendo e grazie al primario, il dottore Colletti, e ai caposala, Pio e Diana, grazie al direttore Sanitario, il dottore Morana, la mia presenza all’interno del reparto covid è diventata una presenza quasi quotidiana.

Ho avuto la gioia di accompagnare padre Tonino Aguanno, un prete che per 30 anni ha speso la sua vita sacerdotale a campobello. Padre Tonino, quando decisero di intubarlo vista la situazione molto critica, mi guardò e mi disse: “Non mi abbandonare, stammi vicino”; in realtà questo è il desiderio di tutte le persone ammalate, avere vicino qualcuno che veramente li accompagna, che non li faccia sentire soli, li avvolga di affetto, di amore, di attenzione. Io penso che padre Tonino si sia poi addormentare nella pace.

Poi un altra avventura è stata quella di un’anziana, una nonnina, che era ormai alla fine, è l’unico gesto è stato quello di prendermi le mani e siamo stati tenuti per mano fino a quando non ha spirato. L’esserci, li dove la famiglia non c’era, una presenza, un ministro, un prete ha avuto la possibilità e loro hanno avuto quel conforto e quella consolazione veramente necessaria.

Ho avuto anche l’onore di accompagnare il dottore Bartolo Parrinello. Grazie a tutti”.

Comunicato Stampa.